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speaker si diventa

Come fare una buona prima impressione

25/3/2016

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Come disse il grande Oscar Wilde: “non esiste una seconda occasione per fare una buona prima impressione”.

Statisticamente parlando, impieghiamo dai 5 ai 7 secondi per farci una prima impressione su qualcuno e questa prima valutazione si basa, neanche a dirlo, sull’aspetto fisico. Più precisamente, i tre elementi che soppesiamo nel farci una prima impressione sono look, postura ed espressione del viso. Per questo motivo, se vuoi assicurarti una valutazione positiva da parte dei tuoi interlocutori, ti consiglio di seguire attentamente i consigli che sto per darti:
  • Ricorda che l’abito fa il monaco. Osserva per un attimo la foto che accompagna questo post e sii sincero: se ti trovassi all’ospedale e ti venisse incontro l’uomo a destra dicendoti che sarà lui a curarti, ti sentiresti tranquillo come se ad occuparsi di te fosse il suo gemello a sinistra? In realtà si tratta della stessa persona, ma l’accostamento delle due immagini dovrebbe farti riflettere su quanto il nostro aspetto condizioni l’immagine che gli altri si fanno di noi. Ecco perché è fondamentale che, quando parliamo in pubblico, il nostro look sia adatto alla situazione, meglio se in linea con quello dei nostri interlocutori. Lo speaker, infatti, non deve mai sembrare un pesce fuor d’acqua, ma deve apparire come “uno del gruppo”, al massimo vestito un po’ meglio, mai un po’ peggio. Va poi detto che non esiste un abito perfetto per ogni occasione, poiché è  il contesto che detta il look. Ne consegue che, se ti trovi ad una riunione informale, faresti meglio a rinunciare al doppiopetto, optando per una camicia senza cravatta. Se invece l’occasione lo richiede, non esitare ad infilarti un completo elegante: potrebbe rivelarsi un elemento indispensabile per  fare colpo sui tuoi interlocutori! 
  • Ricorda che non sei Robocop e neppure John Wayne. La tua postura deve esprimere entusiasmo, fiducia e sicurezza. Dovresti stare bene eretto, con i piedi ben piantati al suolo e le braccia morbide lungo i fianchi, pronte a muoversi con scioltezza (non sei Robocop) per ricambiare una stretta di mano o per accompagnare con una gestualità enfatizzante il contenuto del tuo discorso. Vanno perciò evitate sia posture di “superiorità”,  che possono suscitare antipatia, che posture “di chiusura”, che trasudano tensione.  Le principali posizioni che comunicano “superiorità” sono: la postura detta “alla John Wayne” (petto in fuori e mani poggiate ai fianchi), la postura del comandante che ispeziona le truppe (petto in fuori e mani incrociate dietro alla schiena) e la postura della top model (postura sbilanciata con la mano sul fianco). Tra le principali posture che indicano un atteggiamento di chiusura abbiamo invece schiena curva, capo chino, occhi bassi e mani incrociate sul petto o davanti alle parti intime. Questi atteggiamenti carichi di nervosismo sono “pericolosi” tanto quanto quelli che rivelano eccessiva sicurezza in se stessi (postura sbilanciata all’indietro e mani in tasca). 
  • Ricorda che la regola d’oro è: sorridere, sorridere, sorridere. A meno che tu non ti appresti a dare una notizia tragica o a pronunciare un elogio funebre, fai la tua entrata in scena con un sorriso sulle labbra. Grazie all’azione dei neuroni specchio, i tuoi interlocutori saranno naturalmente portati a ricambiare il tuo sorriso, e fra di voi si istaurerà fin da subito un clima disteso, fondamentale per dare il via ad un processo di comunicazione efficace.
Tutto ciò, per dire come spesso, prima di iniziare a dialogare con qualcuno, ci concentriamo sulla prima cosa da dire, quando in realtà non sono quasi mai le nostre parole, e quindi i nostri pensieri e la nostra interiorità, a determinare la prima impressione che facciamo sugli altri. Certo, se quando apriamo bocca diciamo una marea di stupidaggini, la valutazione positiva che avevamo ricevuto inizialmente svanirà come neve al sole e, viceversa, se quando apriamo bocca siamo in grado di incantare le persone con il nostro eloquio, potremo facilmente recuperare una cattiva impressione iniziale. Tuttavia, concorderai con me quando affermo che sarebbe meglio partire fin da subito con il piede giusto, facendo il possibile per fare una buona prima impressione.
Per questo motivo, la prossima volta che ti trovi in pubblico, ricordati di mettere in pratica i suggerimenti che ti ho dato in questo post, facendo attenzione a look, postura e sorriso. Poi, se ti va, lascia un commento per farmi sapere com’è andata.
A presto!
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Donne e Public Speaking

6/3/2016

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Secondo la neuropsichiatra Californiana Louann Brizendine, una donna può arrivare a pronunciare fino a 20.000 parole al giorno, mentre il più logorroico dei maschi si ferma a sole 7000. Inoltre le donne possiedono, in rapporto agli uomini, l’11% di neuroni in più nell'area del cervello associata alle emozioni e alla memoria. Detto in parole povere: le donne hanno più memoria, parlano con più facilità e hanno doti empatiche più sviluppate rispetto ai loro colleghi maschi. 
Ma allora, verrebbe da chiedersi, come mai ci sono così poche donne speaker? Non c’è infatti bisogno di far riferimento a nessuno studio scientifico, né a statistiche d’oltreoceano, per accorgersi di come il numero di donne che prendono la parola in pubblico sia nettamente inferiore rispetto a quello dei loro colleghi maschi. Basta presenziare ad una convention o ad un qualunque congresso aziendale o politico, per toccare con mano quest’ennesima riprova della disparità di trattamento tra uomo e donna... e no: il raduno annuale delle casalinghe d'America non conta come prova contraria.
La verità è una, triste e semplice: la donna speaker è discriminata. Non solo, a parità di ruolo e preparazione, le vengono spesso preferiti colleghi dell’altro sesso, ma anche quando le viene data la possibilità di salire sul palco, la donna cade vittima di una serie di giudizi e pregiudizi che scoraggerebbero anche la speaker più tenace. Date un’occhiata a cosa si sta scrivendo in questi giorni sulla povera Hillary Clinton, in corsa nella campagna per le presidenziali americane, e capirete di cosa sto parlando…
Innanzitutto, ci si aspetta che una donna che prende la parola in pubblico sia di aspetto più che gradevole, o si corre il rischio che l’attenzione del pubblico cali. La nostra oratrice, però, non deve nemmeno essere troppo graziosa, o l’attenzione si focalizzerà immancabilmente su doti che esulano dalla sua proprietà di linguaggio e parte del pubblico inizierà a chiedersi come abbia fatto una ragazza così carina a guadagnarsi un posto sul palco… e, come potete facilmente immaginare, le ipotesi non saranno quasi mai lusinghiere per la lady in questione.
In poche parole, una donna speaker subisce una pressione fortissima, in aggiunta a quella che qualunque suo collega maschio si ritrova a fronteggiare quando prende  la parola in pubblico.

In uno dei miei primissimi post, ho affermato che la paura di parlare in pubblico è il più grande ostacolo al successo di un oratore ed ho spiegato come questa forma di “ansia sociale” sia solo uno dei tanti volti dietro cui si cela un timore più grande: quello di essere giudicati.
​Ora, se è vero che il primo ostacolo che uno speaker deve superare è la paura del giudizio, è facile intuire come, ancora oggi, molte donne rischino di fermarsi ai blocchi di partenza. Credo quindi che sia giusto, a pochi giorni dall’8 marzo, riflettere su quanto potenziale femminile sia quotidianamente sprecato e soffocato, e credo sia altrettanto doveroso invitare ogni donna che si troverà a leggere questo post a lottare per trovare, ritrovare e far sentire, la propria voce.
Buon 8 Marzo a tutte noi!

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    Autore

    Chiara Moletta, classe 1985, dottore magistrale in Lingue e Letterature Europee, Americane e Postcoloniali e specialista in tecniche e strategie di comunicazione efficace e assertiva applicate al Public Speaking.

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