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Parlare VS Comunicare: quando le parole non bastano

10/10/2015

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Blog Moletta Corsi Parlare Comunicare
Un detto famoso tra gli specialisti della comunicazione è “non si può non comunicare”. Ogni volta che ci troviamo di fronte a qualcuno, infatti, il nostro atteggiamento comunica qualcosa, anche se restiamo in assoluto silenzio. Non a caso spesso si parla di “silenzi eloquenti” o di gesti e sguardi  che “valgono più di mille parole”.

Da ciò possiamo dedurre che il linguaggio verbale, pur essendo lo strumento principe della comunicazione, è solo uno dei tanti mezzi che abbiamo a disposizione per esprimerci. Affinché il messaggio che vogliamo trasmettere sia pienamente compreso dal nostro interlocutore, infatti, le parole non bastano, e il loro significato dovrà essere rafforzato dall’utilizzo corretto e coerente di altri due strumenti: il linguaggio non verbale, noto anche come “linguaggio del corpo”, e il linguaggio paraverbale, dato dal tono di voce, dal ritmo e dalle pause.

Affinché la nostra comunicazione risulti efficace, i tre linguaggi appena menzionati (verbale, non verbale e paraverbale) devono essere coerenti tra loro. Questo concetto è fondamentale, perché una discrepanza tra questi tre linguaggi, oltre a diminuire l’efficacia della comunicazione, può dare al nostro interlocutore l’impressione che gli stiamo mentendo.

Pensa ad esempio all’ultima volta che hai visto un amico o un familiare con l’aria stanca, triste, abbattuta. Ti sei avvicinato e gli hai chiesto “hey, come va?” e lui o lei ti ha risposto in tono triste “bene”, senza perdere la sua espressione afflitta. Hai creduto davvero che quella persona stesse bene, solo perché te lo ha detto? Immagino di no. Ma se quella stessa persona avesse avuto un espressione sorridente e ti avesse risposto con voce allegra e squillante le stessa identica parola (“bene”) non avresti avuto dubbi su come si sentisse veramente. Nel primo caso hai dubitato perché il linguaggio verbale del tuo interlocutore contrastava con il suo linguaggio non verbale e paraverbale, dicendo l’esatto opposto di ciò che comunicavano questi ultimi. Inoltre, sempre grazie a questo esempio, possiamo renderci conto di come, quando c’è una discrepanza tra i linguaggi espressivi, noi tendiamo a credere a quanto ci dicono il linguaggio non verbale e quello paraverbale.

Secondo uno studio condotto nel 1967 dallo psicologo statunitense Albert Mehrabian, questi due linguaggi, oltre ad essere i più affidabili e veritieri, costituiscono il 93% del messaggio che raggiunge il nostro interlocutore. Solo il restante 7% della comunicazione avviene attraverso il linguaggio verbale, ossia attraverso le parole che utilizziamo per esprimerci. Sembra incredibile, non è vero? Eppure è così, salvo alcune ovvie eccezioni. Torna per un attimo con la mente sui banchi di scuola e immagina di dover essere interrogato sui Promessi Sposi: puoi guardare il professore dritto negli occhi, assumere una posa che trasuda preparazione e usare una voce calma e sicura, ma se alla domanda “Chi ha scritto I Promessi Sposi?” rispondi “Dante” un bel quattro non te lo leva nessuno. Questo per dirti che le percentuali che ti ho dato vanno prese con le pinze e riviste in eccesso o in difetto a seconda della situazione comunicativa in cui ti trovi.

Detto ciò, resta comunque vero che, per diventare un bravo speaker, dovrai passare altrettanto, se non più tempo a riflettere su come comunicare il tuo messaggio che non sull’elaborazione del tuo discorso. Questo perché non è tanto quello che dici, quanto come lo dici, che colpirà il tuo pubblico.

Per saperne di più, leggi il mio prossimo post sui segreti del linguaggio non verbale o clicca sulla pagina “corsi” per regalarti un’esperienza formativa che cambierà la tua vita relazionale e professionale.


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    Autore

    Chiara Moletta, classe 1985, dottore magistrale in Lingue e Letterature Europee, Americane e Postcoloniali e specialista in tecniche e strategie di comunicazione efficace e assertiva applicate al Public Speaking.

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