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L'ABC di un buon discorso

25/7/2017

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​Hai mai sentito una persona dire che si comporta in un certo modo “per deformazione professionale”? Io sì, spesso. Conosco un fiorista che, mentre sorseggia un aperitivo al bar, guarda se la piantina grassa sul bancone ha abbastanza acqua, una dottoressa che si lava le mani fino al gomito per un quarto d’ora prima di tagliare un pomodoro e una bibliotecaria che prepara lo zaino del figlio inserendo i libri in ordine alfabetico.

Frequento gente strana? Può darsi, ma perché ti racconto questo? Perché giusto ieri mi sono chiesta quale fosse la mia deformazione professionale. Mi sono fatta un esamino di coscienza e poi ho chiamato un paio di colleghi per un piccolo confronto. Il verdetto è stato il seguente: noi docenti di public speaking  abbiamo la malsana abitudine di giocare con le parole.
Direi che come deformazione professionale ci sta tutta, tanto che ho deciso di celebrarla con un post dedicato ad uno dei miei giochi di parole preferiti: l’ABC di un buon discorso.
Di cosa si tratta? Semplicemente di un trucchetto per memorizzare le tre caratteristiche fondamentali di un discorso ben fatto, riassumibili in tre parole che iniziano per A, B e C.
Sei curioso di conoscere queste tre parole? Ti accontento subito…

La A sta per ACCURATEZZA
I miei corsisti sanno che uno dei miei mantra è: “anche l’improvvisazione richiede grande preparazione” (nota la rima, prego). Il segreto per una figuraccia assicurata è mostrarsi imprecisi, impreparati, approssimativi nel fornire informazioni o, peggio ancora, bugiardi.
Bugiardi? Sì, bugiardi, perché se andiamo a fare un discorso e non siamo preparati, cosa facciamo quando qualcuno tra il pubblico ci fa una domanda cui non sappiamo rispondere? Nella maggior parte dei casi buttiamo lì una risposta a caso sperando di non essere smentiti, perché pochi di noi hanno il coraggio di fare la cosa giusta e ammettere: “mi dispiace, non sono in grado di risponderti”. Il guaio è che, specialmente con la tecnologia disponibile di questi tempi, l’accuratezza di un’informazione è spesso verificabile in pochi istanti, il tempo di un paio di clic sullo smartphone. Quello che invece richiederà secoli sarà levare l’onta della figuraccia dalla reputazione dello speaker, perciò ricorda: il contenuto del tuo discorso va preparato accuratamente, così come il materiale che lo accompagna (slide e altri supporti audiovisivi) e tutto il resto della tua performance.

Ho capito… devo essere accurato… e la lettera B?

La B sta per BREVITÀ

Un buon discorso deve durare poco, poiché sappiamo che dopo una ventina di minuti anche l’attenzione di un cervello ben allenato tende a calare. Non a caso i TED Talks, le conferenze che ospitano alcuni dei migliori oratori al mondo, prevedono interventi della durata massima di 18 minuti (e credimi, parliamo di gente che ascolteresti parlare per ore anche se stesse leggendo l’elenco del telefono).
Attenzione però: questo non significa che i discorsi di un’ora andrebbero aboliti, ma semplicemente che dovremmo sforzarci di essere precisi ed efficaci nel dire solo l’essenziale. Del resto, come disse molto meglio di me Antoine de Saint-Exupéry: “la perfezione non si ottiene quando non c’è più nulla da aggiungere, bensì quando non c’è più nulla da togliere”.

Ed è così che, per rispettare la regola della brevità, vengo subito al terzo e ultimo punto, la lettera C che sta per CHIAREZZA.
Essere brevi e accurati non basta a renderci dei bravi comunicatori, se non ci preoccupiamo di formulare il nostro discorso in maniera chiara, seguendo un filo logico ben preciso ed utilizzando un linguaggio semplice, spoglio di tecnicismi inutili.
Pensaci: quante volte ti sei imbattuto in professionisti che, nel tentativo di spiegarti qualcosa, usavano termini per te incomprensibili? Penso a certi medici, avvocati, commercialisti, informatici… L’elenco potrebbe essere lungo, perché ogni settore ha la sua terminologia specifica, una sorta di “linguaggio nel linguaggio” cui è difficile rinunciare, perché conoscerlo ci fa sentire preparati e parte di qualcosa. Tuttavia, se il nostro interlocutore non è un addetto ai lavori, i termini settoriali rischiano di diventare un grosso ostacolo alla riuscita della comunicazione. Questo perché ogni volta che il nostro cervello registra un termine che non conosce si blocca nel tentativo di dargli un significato, finendo  per distrarsi. Perciò ricorda: se vuoi mantenere salda l’attenzione del pubblico, il segreto è  parlare in modo chiaro, semplice e lineare.

Ora  potrei continuare con le altre 18 lettere dell’alfabeto e iniziare a parlarti del DEF di un buon discorso ma, in ossequio al principio di brevità, mi limiterò a rivolgerti un invito: la prossima volta che farai un intervento in pubblico tieni bene a mente l’ABC e mettilo in pratica!

Poi, se ti va, lascia un commento qui sotto per farmi sapere com’è andata o vieni a trovarmi nel mio studio per raccontarmi la tua esperienza.

A presto!
Chiara

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    Autore

    Chiara Moletta, classe 1985, dottore magistrale in Lingue e Letterature Europee, Americane e Postcoloniali e specialista in tecniche e strategie di comunicazione efficace e assertiva applicate al Public Speaking.

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